Avevo una sedia. Ero comoda.
Stavo bene seduta nel mio posto di mondo. Quello fatto per me. Quello costruito
con fatica. Quello che pensavo essere per sempre. Quello che niente avrebbe
potuto togliermi.
Avevo un angolo. E da lì
osservavo la vita che mai mi è sembrata così bella. Ne facevo parte. Ognuno di
noi ha bisogno di una sedia sulla quale ripararsi e stare semplicemente seduti.
A guardare, a riposarsi, ad osservare, a cantare, a respirare, a commuoversi, a
liberarsi, a capire, a progettare, a sentire che in fondo tutto va bene.
La mia sedia eri tu. Mi
poggiavo ed ero felice. Quella sedia è ancora lì. Ma in un posto diverso. L’hanno
spostata bruscamente, senza chiedermi niente. E io sono rovinata a terra. La osservo
ed è vuota. Vorrei risedermici, forse un po’ di sghembo. Forse non
appoggiandomi totalmente. I piedi ben puntati a terra. Le mani salde ai
fianchi. La schiena discostata. Con la mente e il cuore meno rilassati.
Su quella sedia dove eravamo
in due ora ci sei solo tu. Ti chiedo di farmi un po’ di posto. Per tornare, in
modo diverso, ad essere una cosa sola. Per tornare a guardare il mondo insieme.
Avevo una sedia. C’è ancora.
Ha solo cambiato posizione. E’ in un altro angolo. Da lì la vita appare
diversa. L’orizzonte è meno nitido. Ma c’è. Piano piano mi risiedo. Con quella
che ormai considero la parte più bella e pura di me.
Nessun commento:
Posta un commento