giovedì 19 settembre 2013

Il piacere della gratuità


Sono una donna che non ama chiedere. E che per questo non chiede.

Sono una donna che ha bisogno. E che vuole che gli altri se ne accorgano da soli.

Sono una donna che apprezza i più piccoli gesti. Le più piccole cose. Quelle fatte inaspettatamente. Una mano aperta. Un sorriso improvviso. Una parola sussurrata. Uno sguardo profondo. Una carezza poggiata. La gratuità. Il senso unico.

Sono una donna che ha paura. Ma che combatte. Lotta. Piange e si rialza. Dice le parolacce e poi chiede scusa. Si piega e rimane chinata per un po’. Il tempo necessario per pulire e tornare dritta. Con lo sguardo avanti.

Sono una donna che non vuole sentirsi dire che è forte. Perché è inutile. Perché non mi aiuta. Perché non serve. Perché ad oggi penso che sia vero. Ma non voglio che gli altri si appoggino su questa convinzione. Sono forte per me. Per noi. Per le cose che ora contano per me. Tutta la forza la impiego su di me.

Sono una donna che vacilla. Che alle volte indossa tacchi troppo alti per lei. E così li toglie. E torna a camminare scalza. A contatto con la terra. I voli pindarici non fanno per me. Non più.

Sono una donna che ha dei punti fermi. Ma anche tanti che si muovono. Sono una donna che non vuole più fare tanti programmi. Che ha capito che pianificare tutto toglie sapore alle cose.

Sono una donna che si ascolta. Alle volte non capisce che cosa vuole. Altre invece basta un attimo per comprendere il passo successivo.

Sono una donna che ama conoscersi. Stupirsi delle proprie reazioni. Sorridere delle proprie azioni.

Sono una donna che si sgrida. Di continuo. Sono una donna che ama. Senza freni. Ma non tutti. Persone selezionate. Perché sono stanca di regalare amicizia. E affetto. Preferisco amare chi, in silenzio, mi fa stare bene. Senza chiedere nulla indietro.

Sono una donna. Così confusamente io.

giovedì 12 settembre 2013

Quando il dolore indossa nuovi volti


Io credo che il dolore non passi. Credo che si trasformi, che cambi pelle, che indossi nuovi volti. Credo che non si affievolisca, che non si svuoti. Credo che a cambiare siamo noi. Le nostre spalle. La corazza del nostro cuore. Tutto si fa più duro. Più forte. Più stratificato. Credo che si impari a portarselo addosso, con più disinvoltura, con occhi più abituati a trattenere le lacrime, con gambe più audaci e capaci di compiere passi più lunghi. Con braccia più solidamente morbide. Con sorrisi più difficili da far sbocciare, ma allo stesso tempo più sinceri. Più veri. Più pieni. Credo che il pugno non si sciolga. Credo che si continuerà a prendere a cazzotti la vita per sempre. Perché il dolore va combattuto giorno dopo giorno. Anche a distanza di anni. Anche se nel frattempo sono nate e cresciute situazioni meravigliose. Anche se nel mentre ti sei concessa di ridere, stare bene, essere felice. Credo che sia importante farlo uscire quando preme. Non averne paura. Non vergognarsene. Non impedirsi di piangere, anche quando tutto sembra andare per il verso giusto. Credo che sia importante non doversi sempre giustificare. Con gli altri. E con se stessi. Credo che il tempo aiuti. Ma non a sgonfiare. Aiuta a trovare strade che prima sembravano impercorribili. A trovare il coraggio per calpestarle. Credo che aiuti a trasportare un bagaglio pesante. Credo che non voglia far dimenticare. Credo che aiuti ad abituarsi ad una nuova luce. Ad una nuova realtà. Ai nuovi noi stessi.